venerdì 30 novembre 2012

Spiegel Affäre: lo scandalo Spiegel

Lo scandalo che ha sconvolto la Repubblica Federale di Germania

Lo “Spiegel-Affäre” è considerato il più grande scandalo che ha colpito la storia tedesca dal dopoguerra. Per la prima volta dopo la fine del regime nazionalsocialista, le autorità statali si scontrano legalmente con la stampa.



Arrivarono una mattina, sembravano personaggi dei bassifondi amburghesi, sono sfilati uno dopo l’altro davanti al custode stupefatto, senza farsi annunciare, diretti negli uffici della redazione di Amburgo del settimanale di informazione “Der Spiegel”. Però questi strani visitatori non erano dei malavitosi, come ben presto si scoprirà, ma membri della polizia criminale federale.
Nel corso delle indagini avviate per presunto alto tradimento a scopo giornalistico, nella notte del 26 ottobre 1962 vennero perquisite le abitazioni di 5 redattori dello Spiegel, e i due caporedattori Engels e Jacobi furono arrestati. Le richerche dell’editore Augstein restarono inizialmente senza esito. Si presenterà di sua volontà alla polizia due giorni dopo. L’autore dell’articolo, che causò così tanto scalpore è Conrad Ahlers, anche lui verrà arrestato dalle autorità spagnole mentre era in vacanza in Spagna. La polizia criminale per settimane occupò gli uffici della redazione passandoli al setaccio
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La polizia Federale sequestra materiale negli uffici dello Spiegel

Per la prima volta dalla fine del regime nazista, una casa editrice viene perquisita con l’intervento delle autorità di governo, con lo scopo di intimidire e mettere a tacere la stampa. Si trattò tuttavia non solo di uno scandalo che riguardava la politica e i media, ma anche di un scandalo all’ombra della guerra fredda, che gravava innanzitutto sulla questione dell’incapacità dell’allora Repubblica Federale Tedesca di resistere e contrastare, con armi convenzionali un eventuale attacco nucleare da parte degli stati membri del Patto di Varsavia. Questo problema fu reso noto nell’articolo del giornalista Ahlers, esperto di difesa, intitolato "Bedingt abwehrbereit" (“Pronti a respingere, ma con riserva”I, che analizzava i risultati delle esercitazioni belliche della Nato denominate “Fallex 62”, e pubblicato il 10 ottobre 1962.
Ahler dimostrò, che il governo federale tedesco era scarsamente preparato per affrontare un attacco nucleare da parte del Patto di Varsavia: mancavano leggi per lo stato di emergenza, la sanità sarebbe immediatamente andata in crisi, così come le telecomunicazioni. Non sarebbe stato possibile provvedere alle necessità di tutta la popolazione, i collegamenti via terra sarebbero collassati. Ahlers inoltre criticava il cattivo stato in cui versavano le forze armate convenzionali. L’articolo conteneva dati dettagliati sugli eserciti della NATO, i loro armamenti e i movimenti delle truppe in caso di conflitto. Il giornalista considerava responsabile di tutto ciò soprattutto l’allora ministro della difesa e politico della CSU Franz Josef Strauß che il 10 ottobre ordinò una perizia con valutazione segreta. Gli esperti ritennero di aver scoperto che nell’articolo erano stati violati ben 41 segreti di stato, giudicando la pubblicazione dello “Spiegel” come atto di alto tradimento. Il ministro degli esteri al ritorno dalle sue vacanze fece pressioni sulle indagini. Il primo pubblico ministero della procura federale, Siegfried Buback, su ordine delle autorità e del ministero della difesa, avviò indagini nei confronti dello “Spiegel” sospettato di alto tradimento, contraffazione a scopo di tradimento e istigazione alla corruzione. Il consiglio federale si occupò della faccenda. Il cancelliere Adenauer giustificò le misure adottate con questa sentenza: " Wir haben einen Abgrund von Landesverrat im Lande" (“ Il paese è un abisso di alto tradimento").
Franz Josef Strauß

In un question time del parlamento federale il ministro Strauß, tento di minimizzare il suo ruolo nell’intervento della polizia e respinse ogni complicità nella vicenda. Tuttavia ben presto emerse che il giornalista Ahlers era stato arrestato per ordine del politico della CSU, illegittimamente e, come dovette ammettere l’allora ministro degli interni Hermann Höcherl al parlamento, “al di fuori di ogni legalità”. Questa farsa di sentenza è stata finora uno dei classici della tecnica dell’insabbiamento legale. Due giorni dopo l’interrogatorio, il 9 novembre Strauß dovette ammettere la sua implicazione nell’arresto del giornalista dello Spiegel. Il parlamento si sentì preso in giro. L’affare Spiegel, diventò un problema per il governo Adenauer. Editori, giornalisti e associazioni di categoria espressero la loro solidarietà allo Spiegel. Tornavano alla mente i periodi più neri della storia tedesca. La parola “Gleichschaltung” (livellamento) della stampa tedesca, fece il giro del mondo. Ci furono manifestazioni di protesta in tutta la Germania, a sostegno della libertà di stampa e dello stato di diritto. Nel frattempo il giornalista Ahlers, l’editore Augstein e i due collaboratori restavano in prigione. Il 14 dicembre dello stesso anno il cancelliere Adenauer riorganizzò il proprio governo estromettendo Strauß. L’ex ministro della difesa fu congedato con tutti gli onori. Il cancelliere dichiarò la famosa frase "Bittere Stunden formen den Mann" (“I momenti più difficili formano l’uomo”) e annunciò le sue dimissioni nell’autunno del 1963. Il 7 febbraio 1963, dopo 103 giorni di prigione, anche Augstein fu finalmente rilasciato.


Manifestazioni di solidarietà allo Spiegel

Due anni più tardi la giustizia tedesca tornò ad occuparsi di nuovo dello scandalo Spiegel: nel maggio 1965 la Corte di Giustizia federale respinse il rinvio a giudizio di Augstein e Ahlers, con la motivazione che l’articolo dello Spiegel non aveva violato alcuno stato di segretezza. Contro Strauß la procura riconobbe i reati di abuso d’ufficio e privazione della libertà personale, mentre contro “Der Spiegel” fu contestato il reato di violazione della costituzione. L’editore Rudolf Augstein, che nel frattempo era morto, disse una volta che il tentativo di mettere a tacere lo scomodo Spiegel era fallito. Alla fine il settimanale ricavò grande pubblicitò da tutta la vicenda: dopo due generazioni di giornalisti il settimanale d'informazione di Amburgo, non ha avuto successo solo economicamente. La casa editrice Spiegel, nella indipendente città anseatica di Amburgo è considerata la roccaforte del giornalismo investigativo della Repubblica tedesca.

Conrad Ahlers


martedì 20 novembre 2012

Kaffeehäuser a Vienna

KaffeeHäuser in Wien



Luci soffuse, vecchi tappeti, arredamento di legno scuro, un leggero mormorio in sottofondo, un tavolino pieno di giornali, il frenetico via vai delle strade affollate di Vienna diventa in cinque minuti un ricordo, quando si entra in una Kaffeehaus viennese. Sono i locali più eleganti della capitale austriaca, luoghi d’incontro di artisti, scrittori, impiegati, dirigenti. Qui tutti dimenticano la fretta. Un secolo fa quando le abitazioni viennesi erano piccole, fredde e scure, la Kaffeehausi era diventata il salotto di molti viennesi: calda, luminosa e confortevole, l’ideale per incontrarsi con amici e conoscenti. Scrittori e artisti hanno reso leggenda questi locali, il re dei valzer, Johan Strauß Junior diede il suo primo concerto nel Café Dommayer rendendo popolari i valzer viennesi in tutte le Kaffehäuser



Café Jelinek

Un’autentica Kaffeehaus a forma di L all’angolo Otto Bauer Gasse, che offre numerose specialità a base di caffè. Qui regna un’atmosfera tutta particolare, è come essere un po’ nel soggiorno di casa o in uno scompartimento di un treno, ma anche in un cinema d’altri tempi. Il bancone del bar è dominato da un cartello su cui è scritto in tedesco e in inglese “Wer’s eilig hat, wird hier nicht bedient” (Non si serve ai clienti frettolosi), bisogna quindi lasciare fuori della porta lo stress e le scadenze. I suoi interni non sono cambiati negli ultimi 50 anni e si può dire che lo Jelinek è uno degli ultimi caffè storici che ha mantenuto la sua atmosfera originale.



Café Museum

Dopo alcuni anni di chiusura per restauro, dal 2010 il Café Museum alla Operngasse ha riaperto. Arredato secondo lo stile originario dell’epoca, il café Museum risale al 1891 ed è stato punto di ritrovo per numerosi artisti austriaci di fama mondiale tra cui i pittori Gustav Klimt, Egon Schiele e Oskar Kokoschka, gli scrittori Joseph Roth, Elias Canetti e Robert Musil, i musicisti Franz Lehar e Oscar Straus. E’ qui che si può gustare l’originale Strudel di mele viennese accompagnato da panna montata e una schiumosa tazza di Mélange, il cappuccino viennese.


Café Prückel

Un tempo si chiamava Café Lurion è la classica Ringstraßen-Kaffeehaus viennese, si trova all’angolo tra le Tubenring e la Dr. Karl Lueger Platz di fronte al Museo delle Arti Applicate. Arredata secondo lo Jugendstil degli anni 50 è molto apprezzata dai personaggi più in vista tanto che è diventata monumento nazionale assieme al Café Sperl, Ritter e Landtmann. Nelle belle giornate di sole è veramente piacevole gustarsi un Kleine Braune (caffè ristretto con panna montata) o una Prückel Creme, la specialità di questa caffetteria, con una fetta di Sacher seduti allo Schanigarten, il bar all’aperto, come lo chiamano gli austriaci. Nei fine settimana è possibile assistere su prenotazione a serate musicali e letterarie, inoltre la caffetteria offre anche la possibilità di consumare panini e piatti caldi di loro produzione.


Café Central

La famosa Kaffeehaus che si trova nel Palais Ferstel, con i suoi oltre 130 anni di storia era il punto di ritrovo preferito di molte personalità nel campo dell’arte, delle lettere e delle scienze, come Arthur Schnitzler, Sigmund Freud e lo scrittore Peter Altenberg (1859 – 1919) che praticamente viveva nel Café Central, collocato tra il Municipio e lo Stephansdom. Una figura di cartapesta raffigurante il letterato seduto al tavolino con lo sguardo fisso nel vuoto, ricorda ancor oggi questo cliente abituale, che si faceva persino arrivare la posta in questa caffetteria. L’ambiente unico dal punto di vista artistico che abbina perfettamente la sua eccezionale produzione artigianale di fine pasticceria viennese.



Café Hummel

Christina Hummel con i suoi 36 anni gestisce dal 2005 la caffetteria di famiglia ed è anche la più giovane proprietaria di una Kaffeehaus a Vienna. Lo stile degli interni ricorda gli anni 60, ma il caffè risale al 1935. Qui oltre a gustare un delizioso caffè viennese, vengono servite varie ghiottonerie sia a pranzo che a cena, si possono sfogliare quotidiani e riviste austriaci ma anche stranieri, giocare a carte o a scacchi, o semplicemente guardare la televisione. D’estate il caffè è aperto anche all’esterno su una bella terrazza che affaccia sulla zona pedonale Josefstadt.



Café Landtmann

Quando nel 1873 Franz Landtmann aprì la più grande ed elegante caffetteria a Vienna, non sapeva che aveva creato un’istituzione viennese. Da allora mille volti noti sono stati clienti abituali di questa prestigiosa Kaffeehaus: Gustav Mahler, Marlene Dietrich, Romy Schneider, Hillary Clinton e sir Paul MacCartney. La tradizione viennese si affianca anche a qualche gustosa novità come ad esempio lo Schokocino, mélange di cioccolata calda e cappuccino serviti assieme a panna montata e una crema al caramello, il Maria Theresia, caffè lungo in un bicchiere di vetro con liquore all’arancia, panna montata e granella. In questi giorni apre ai clienti il Wintergarten, una moderna costruzione annessa fatta in metallo e vetro.

sabato 3 novembre 2012

Il rito del Caffé e la Dröppelminna

La DRÖPPEL MINNA
In Inghilterra alle 17.00 c’è l’ora del thè, in una regione della Renania Westfalia c’è l’ora del caffè, la Bergischen Kaffeetafel, rito pomeridiano nato all’inizio del 20° secolo.


Il caffè nella regione Bergischen Land era noto sin dal 18° secolo, ma la popolazione più povera doveva accontentarsi di surrogati come, il caffè di malto (Muckefuck), conosciuto anche come Malzkaffe, o il altri estratti da cereali. In occasioni speciali come matrimoni o battesimi, la bevanda veniva accompagnata da frittelle (Waffeln) o altri dolcetti, e servita nella Dröppelminna, il termine popolare con cui si chiamava una panciuta caffettiera considerata elemento indispensabile su un tavolino apparecchiato per “Kaffeetrinken mit allem Drum und Dran” (bere il caffè con tutti gli annessi e connessi) nelle famiglie tedesche benestanti.


La Dröppel minna era inizialmente di metallo, spesso di stagno, in seguito di porcellana, poggiata su tre piedini sotto cui, per tenere il caffè in caldo veniva acceso un fornellino a spirito. Il suo nome strano deriva da due parole: “dröppeln”, che nel dialetto renano significa “gocciolare” (tröpfen), e “Minna”, diminutivo di Wilhelmine, nome proprio molto diffuso tra le cameriere delle case benestanti. All’epoca non esistevano i filtri per caffè, quindi dopo un paio di volte che veniva versato il caffè nelle tazze, il beccuccio si otturava impedendo il passaggio del caffè che non fluiva più facilmente nelle tazze, ma “gocciolava”.


La Dröppelminna faceva bella mostra di sé al centro della tavola dove veniva servito il caffè, attorniata da piatti ricolmi di pane bianco dolce, riso al latte, pane nero, formaggio Quark, Burro e frittelle. Era sicuramente una “merenda” ipercalorica, che alla lunga poteva rendere “panciuti” (bauchig) proprio come la Dröppelminna.


Oggi la Dröppelminna è stata sostituita egregiamente da una più pratica Kaffeekanne termica, in cui il caffè travasato resta caldo conservando intatto il suo aroma, mentre l’abitudine di accompagnare una fumante tazza di caffè con dolci o tartine è rimasta intatta, parte integrante dell’ospitalità di questa regione che viene celebrata persino in un museo, il Niederbergisches Museum, dove è possibile prenotarsi tutti i mercoledì e i sabati per partecipare ad una dimostrazione guidata con degustazione di una autentica Bergischen Kaffeetafel, differenziata anche per adulti o bambini.